Psichiatria e medicina di precisione: personalizzare le cure per trattamenti efficaci ed evitare effetti collaterali
Specialisti a confronto alla Casa di Cura Villa Santa Chiara sulle nuove frontiere della farmacogenetica
Tra le patologie psichiatriche, la depressione è la più diffusa e interessa oltre 38.000 assistiti nella Regione del Veneto nel 2023, 4.754 nella provincia di Verona. Secondo l’OMS si prevede che entro il 2030 diventerà la malattia mentale più diffusa.
Fra le patologie psichiatriche, la depressione è senz’altro la più diffusa e interessa oltre 38.000 assistiti nella Regione del Veneto nel 2023. Ne soffrono il 66% delle donne e 8 pazienti su dieci hanno meno di 74 anni. Nella provincia di Verona sono stati assistiti 4.754 pazienti. Gli assistiti con disturbo bipolare sono stati a livello regionale 13.895, di cui il 58% è formato da donne. 2464 sono i pazienti nella provincia scaligera. Numeri che evidenziano un problema diffuso le cui cure richiedono un approccio mirato e personalizzato.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha lanciato un allarme globale, definendo la depressione come la principale causa di disabilità nel mondo e si prevede che, entro il 2030, diventerà la malattia mentale più diffusa.
Il Prof. Massimo Gennarelli, Direttore del Dipartimento di Medicina Molecolare e Traslazionale, Università di Brescia – Laboratorio di Genetica, IRCCS Fatebenefratelli di Brescia nella sua relazione ha evidenziato che la medicina di precisione in psichiatria rappresenta un cambiamento radicale rispetto agli approcci tradizionali, puntando a trattamenti integrati basati, oltre alle variabili cliniche, sulle caratteristiche biologiche e genetiche di ciascun paziente. «Un elemento chiave – ha spiegato – è la farmacogenetica, che studiando le varianti genetiche, identificate tra quelle che influenzano la farmacocinetica e la farmacodinamica dei farmaci psicotropi, ha portato allo sviluppo di test genetici specifici.
Questi test aiutano lo psichiatra nella prescrizione di terapie farmacologiche più efficaci con un minor rischio di effetti collaterali, migliorando, anche, l’aderenza al trattamento. Oltre alla farmacogenetica, le scienze omiche (genomica, trascrittomica, proteomica e metabolomica) offrono una visione più completa dei meccanismi biologici alla base dei disturbi psichiatrici. In particolare, lo studio dell’espressione genica permette di individuare biomarcatori che potrebbero facilitare diagnosi più accurate e interventi precoci».
«Un’altra innovazione cruciale – ha aggiunto il Prof. Gennarelli – è l’applicazione dell’intelligenza artificiale, che grazie al “machine learning” può analizzare enormi quantità di dati clinici, genetici e ambientali per identificare pattern predittivi della risposta ai trattamenti. Algoritmi avanzati possono aiutare nella diagnosi, nella scelta terapeutica e nella previsione della progressione della malattia, rendendo l’approccio terapeutico sempre più personalizzato, sicuro e efficace. Nonostante il grande potenziale, l’integrazione della medicina di precisione in psichiatria deve affrontare sfide come l’accessibilità economica, la raccolta e gestione dei dati e le implicazioni etiche.
Tuttavia, con il continuo progresso della ricerca e delle tecnologie, questo approccio promette di rivoluzionare la psichiatria, migliorando significativamente la qualità della vita dei pazienti».
Del «Monitoraggio terapeutico dei nuovi psicofarmaci: utilità e limiti» ha trattato il Prof. Edoardo Spina, Ordinario di Farmacologia presso l’Università di Messina e Responsabile dell’Unità di Farmacologia Clinica, AOU “G. Martino” di Messina. «La medicina di precisione in psichiatria – ha spiegato – si può avvalere di metodiche di laboratorio quali il monitoraggio terapeutico dei farmaci e test farmacogenetici. Nella nostra unità effettuiamo la misurazione delle concentrazioni ematiche di alcuni psicofarmaci, in particolare antidepressivi ed antipsicotici, come guida per l’individualizzazione della terapia farmacologica. Si tratta di una procedura che non viene effettuata su base routinaria, ma che può rivelarsi utile per eventuali aggiustamenti posologici in alcune situazioni cliniche, ad esempio nel sospetto che un paziente non assuma il farmaco (non aderenza al trattamento) oppure in pazienti che non rispondono al trattamento o che presentano severi effetti indesiderati alla dose comunemente utilizzata o in popolazioni a rischio come gli anziani».
Sono intervenuti anche il dott. Alessio Squassina Professore associato, Scienze Biomediche, Sezione di Neuroscienze e Farmacologia Clinica, Università di Cagliari che ha parlato di «Le basi molecolari della risposta agli stabilizzatori dell’umore».
Un’altra tematica affrontata nel seminario riguarda i farmaci per la gestione del diabete e dell’obesità. Questi farmaci, nati per pazienti con determinate forme diabetiche che non riuscivano a essere gestite, oggi sono assunti anche da persone che vogliono semplicemente dimagrire senza sapere che hanno effetti collaterali e che creano dipendenza».
Nella relazione «Understanding adverse reactions in psychiatry: various aspects of pharmacovigilance» (Comprendere le reazioni avverse in psichiatria: vari aspetti della farmacovigilanza) il dott. Georgios Schoretsanitis del Dipartimento di Psichiatria, Psicoterapia e Psicosomatica, Università di Zurigo – Svizzera ha presentato uno studio sulle reazioni avverse ai farmaci in psichiatria. Il lavoro si è focalizzato su segnalazioni di sospette reazioni avverse al farmaco (ADR – Adverse Drug Reaction) con pensieri suicidi e autolesionismo associate a semaglutide e liraglutide raccolte tra novembre 2000 e agosto 2023. «Abbiamo analizzato – ha spiegato il dott. Schoretsanitis – i dati di 107 casi legati a semaglutide e 162 casi legati a liraglutide. Un dato significativo emerso dallo studio è che la semaglutide era associata in modo sproporzionato a segnalazioni di ideazione suicidaria.
Questa associazione è rimasta statisticamente significativa anche quando i pazienti assumevano altri farmaci, come antidepressivi o benzodiazepine. In particolare, la sproporzione era notevolmente maggiore per la semaglutide rispetto ad altri farmaci per il diabete di tipo 2 e l’obesità. Lo studio ha evidenziato che questo segnale di aumento dell’ideazione suicidaria legato al semaglutide necessita di urgenti ulteriori indagini per chiarire i potenziali rischi, se si considera l’uso diffuso e in espansione di semaglutide per la gestione del diabete e dell’obesità».